Alvin Toffler, famoso futurologo, ha appena pubblicato, insieme a sua moglie Heidi, un nuovo libro, “Revolutionary wealth: how it will be created and how it will change our lives”. Tra le loro opere precedenti ricordiamo i fondamentali “The Future Shock” e “The Third Wave”. Nathan Gardels, direttore di NPQ, lo ha recentemente incontrato a Los Angeles, per discutere degli argomenti trattati nel nuovo libro.
Clonazione, iPods, outsourcing, googlemania. Tutti cambiamenti e innovazioni che non stanno semplicemente trasformando le nostre vite: lei sostiene che stanno contribuendo a creare un “nuovo sistema di ricchezza”. Quali sono le differenze tra questo nuovo sistema e l’economia cui siamo abituati?
Sono di due tipi: primo, la conoscenza è oggi il principale motore della creazione di ricchezza; secondo, la fusione radicale tra produzione e consumo scatenerà il boom dell’economia “non monetaria”. L’economia tradizionale, infatti, si basa sul concetto di penuria o scarsità dei beni. Ma la conoscenza è sostanzialmente inesauribile. Se tu coltivi riso in una risaia, io non posso coltivarlo in quella stessa risaia nello stesso momento. Se usi una macchina utensile, io non posso usarla nello stesso momento. Ma entrambi possiamo utilizzare la stessa conoscenza contemporaneamente, senza esaurirla. Chiunque può uti- lizzare l’aritmetica senza correre il rischio di esaurirla. Anzi, più persone utilizzano la conoscenza in contemporanea, più è probabile che creino nuova conoscenza.
La conoscenza è in assoluto il prodotto più facile da trasportare. Può essere com- pressa in simboli e astrazioni. Tende a diffondersi ed è difficile da occultare e pro- teggere. Non è lineare, nel senso che piccole intuizioni possono portare enormi risultati e, soprattutto, è intangibile.
I fattori intangibili sono da sempre strettamente intrecciati ai beni tangibili. Per esempio, come sottolinea Hernando de Soto nel suo The mystery of capital, un terreno non costituisce una “proprietà” in senso tangibile fino a quando questa non venga stabilita “intangibile” da un titolo legale o da regole sociali altrettanto “intangibili” che tutelano la proprietà stessa. L’intangibile è un po’ come la buccia che riveste l’arancia. Oggi, le società come Google possono effettivamente essere paragonate proprio alla buccia dell’arancia. Non hanno un nucleo tangibile, eppure valgono miliardi!
Nelle economie avanzate, i beni intangibili stanno ormai surclassando il capitalismo basato sulla proprietà tangibile. Prendiamo lo sviluppo straordinario del “cervello esterno” – le banche dati, la connettività, i motori di ricerca in internet, la mappatura genetica o la rete mondiale – che espande in modo esponenziale le nostre capacità e possibilità in quasi tutti i set- tori. E la conoscenza a nostra disposizione continuerà a espandersi. Tutti i ricordi che un individuo ha accumulato in settant’anni di vita possono essere memorizzati digitalmente in un chip di 6 gigabyte. E oggi un PC contiene 400 gigabyte.
Allo stesso tempo, diventa sempre più difficile proteggere molti beni intangibili è sempre più arduo, per esempio, tutelare i diritti di proprietà intellettuale.
IL TEMPO DEI “PROSUMI”
Cosa intende per economia non monetaria, e perché secondo lei è destinata a un boom?
Quando lavoriamo, quando compriamo e vendiamo, quando investiamo, quando utilizziamo le nostre carte di credito o di debito, stiamo operando all’interno dell’economia monetaria. Ma l’elenco delle cose che facciamo nella nostra vita non si esaurisce qui. Alleviamo i nostri figli. Ci prendiamo cura dei nostri anziani. Ripariamo un rubinetto che perde. Aiutiamo un amico a ridipingere il salotto. Cuciniamo. Facciamo le pulizie in casa. Curiamo il giardino. Ricarichiamo la batteria della macchina. Le attività che compiamo da soli (il do-it-yourself) possono essere definite “prosumi”, in quanto siamo al tempo stesso produttori e consumatori.
A volte paghiamo delle persone per fare molte di queste cose al nostro posto. In questo caso, torniamo all’economia monetaria: per gli economisti, queste attività creano valore e quindi contribuiscono al PIL. Se, invece, decidiamo di fare queste cose da soli, magari perché non possiamo pagare chi lo faccia al nostro posto, il nostro lavoro non viene contabilizzato nel PIL e non aggiunge valore all’economia monetaria. È probabile che l’economia non monetaria generi altrettanto valore di quella monetaria, perché esistono una miriade di attività non retribuite che alimentano gratuitamente l’economia monetaria. Anzi, in realtà la sovvenzionano.
Pensiamo, ad esempio, al software open source Linux e all’enorme impatto che ha avuto in tutto il mondo. Questo software è stato inizialmente prodotto da Linus Torvalds gratuitamente, quasi per hobby, e in seguito ha calamitato un gran numero di programmatori che senza alcun compenso lo hanno modificato, adattato e ampliato, stimolando altri programmatori ancora a dedicare un po’ del loro tempo, sempre su base gratuita e volontaria, a produrre altri tipi di software. Questa attività “prosumistica”, tutta nell’ambito dell’economia non monetaria, ha trasformato il modo di produrre software nell’economia monetaria.
Il fenomeno dei prosumi esiste da lungo tempo. Dove sta la novità?
La novità risiede nel fatto che nuove tecnologie poco costose stanno spostando una serie di attività dall’economia monetaria a quella non monetaria. Sono sempre più numerose le aziende operanti nell’economia monetaria che “esternalizzano” il lavoro, chiedendo ai clienti di svolgere compiti in precedenza affidati ai loro dipendenti. Quando, ad esempio, noi usiamo il bancomat e inseriamo da soli il codice, questo è prosumo: la conseguenza, fra l’altro, è che le banche licenziano i cassieri.
Ancora: in passato mandavamo le pellicole fotografiche alla Kodak per farle sviluppare e stampare. Oggi effettuiamo da soli queste operazioni, con le nostre mani. Ci controlliamo da soli il diabete. Produciamo da soli i nostri film digitali e i CD musicali. E questo è solo l’inizio. Stiamo per assistere al boom del lavoro non retribuito. Presto avremo un miliardo di ultrasessantenni nel mondo che – almeno nei paesi del- l’OCSE – utilizzeranno le nuove tecnologie – dall’autodiagnosi alle analisi a casa – per fare da soli ciò che un tempo facevano i medici.
Tutto questo accrescerà il ruolo e l’importanza dei prosumatori. Acquisteremo tecno- logia nell’economia monetaria e la utilizzeremo in quella non monetaria che, a sua volta, produrrà un feedback generando nuovo valore nell’economia monetaria. Vedrete cosa succederà quando la desk top production – ancora nella fase iniziale – trasformerà ogni casa nell’equivalente di una piccola fabbrica.
IL TERZO LAVORO
Ma questa esternalizzazione del lavoro dal produttore al consumatore non genera an- che nuovi costi e oneri per il consumatore? Questa esternalizzazione del lavoro noi la chiamiamo il “terzo lavoro”. Il primo lavoro è quello per cui vieni pagato quando vai in ufficio o in fabbrica e ricevi uno stipendio settimanale o mensile. Il secondo lavoro è la cura di te stesso, dei figli, dei 140
genitori o della casa. E non è retribuito. Il terzo lavoro è quello affidato in outsourcing dal produttore, non alle fabbriche in India o nelle Filippine, ma a te, al consu- matore, dalle aziende “amichevoli” che ci circondano. Qualche anno fa, per esempio, se volevo sapere che fine avesse fatto un pacco spedito con un corriere, FedEx o DHL, dovevo telefonare ai loro uffici a Memphis o Francoforte o Tokyo e parlare con un impiegato. Ora, sono diventato io l’impiegato.
Vado davanti al mio computer, inserisco il codice della spedizione e rintraccio da solo il mio pacco. Sto facendo, cioè, quello per cui veniva retribuito l’impiegato. Lo stesso vale, come dicevo prima, quando usiamo un bancomat: facciamo quello che in passato faceva il cassiere.
Quindi, nella nuova economia, il “terzo lavoro” è quello che svolgiamo per conto di tutte queste aziende, senza però essere retribuiti. È chiaro che tutto questo contribuisce ad aumentare lo stress quotidiano ed è uno dei motivi per cui ci sembra di avere sempre meno tempo a nostra disposizione.
E in più, attraverso le transazioni nel cyberspace, noi forniamo importanti informazioni personali, che un tempo le società di marketing dovevano procurarsi per conto loro, pagandole. Ogni volta che facciamo una ricerca su Google, lasciamo una traccia di cui i pubblicitari si servono per proporci prodotti adatti ai nostri interessi.
Certamente, questo è un altro aspetto del “terzo lavoro”. In un sistema fondato sull’informazione, tutto è a conoscenza di tutti. Alcuni gruppi di tutela dei consumatori stanno già iniziando a pretendere un compenso per la vendita e l’utilizzo dei dati personali, sia che vengano ricavati dagli acquisti al supermercato o dalla consultazione di un sito web.
LO SCONTRO DI VELOCITÀ
Qual è l’impatto del sistema fondato sulla conoscenza su quelli che lei nel libro chia- ma i “fondamentali assoluti” della creazione di ricchezza, ad esempio il tempo? È di due tipi. In primo luogo, sta finendo l’era del tempo impersonale e collettivo tipico della società industriale di massa standardizzata, dove tutti lavorano dalle 9 alle 17, vanno in ufficio e tornano a casa alla stessa ora. Quello è un tempo omogeneo. Oggi, invece, assistiamo all’avvento di un tempo personalizzato e irregolare. Le nuove tecnologie riducono i costi di quella diversificazione che avrebbe pregiudicato la produzione di massa. Consentono produzioni di nicchia e, di conseguenza, la personalizzazione e la diversificazione del modo in cui programmiamo il nostro quotidiano, sia nel lavoro che nel tempo libero. Il tempo del XXI secolo sarà quindi un tempo elastico, 24 ore su 24, sette giorni su sette.
In secondo luogo, quando si accelerano i cambiamenti nella tecnologia e nella società, per definizione si accelera anche il processo di obsolescenza delle conoscenze. Ciò che “sappiamo” viene superato quasi giorno per giorno, magari perché scopriamo un nuovo pianeta, o perché individuiamo il cromosoma all’origine dell’ipertensione. Questa accelerazione può trasformare la conoscenza attuale in ciò che chiamiamo “obsoscenza” – informazioni superate – praticamente dall’oggi al domani. Nella società dell’informazione il tempo e il rapido superamento del sapere sono strettamente collegati. Nel passato, le nozioni, vere o false che fossero, resistevano per secoli o addirittura millenni senza essere messe in discussione. Adesso, nella maggior parte dei casi, prendiamo le nostre decisioni basandoci su fatti che potreb- bero cambiare domani o sono già obsoleti.
Che tipo di problemi genera questa diversificazione e accelerazione del tempo?
Uno dei principali problemi del mondo odierno è la mancanza di sincronia: lo “scon- tro di velocità” tra il vecchio, ingombrante sistema di massa e la nuova diversità, flessibilità e accelerazione richieste alle istituzioni fondate sulla conoscenza. Tra i due sistemi non c’è sincronia.
Uno degli scontri più duri è quello con il sistema di istruzione standardizzata, che è stato originariamente concepito per trasformare i figli dei contadini in operai industriali, capaci di adeguarsi ai requisiti e ai ritmi della società di massa. Il sistema del-l’istruzione è una delle istituzioni più lente ad adeguarsi al nuovo sistema di ricchezza. Diciamo che se io fossi un poliziotto e mi mettessi sul ciglio della strada per controllare la velocità delle macchine che passano, constaterei che la macchina dell’Impresa, che è in continua evoluzione a causa della pressione competitiva, viaggia a 100 km all’ora. Ma la macchina dell’Istruzione, che in teoria dovrebbe preparare le giovani generazioni ad affrontare il futuro, va soltanto a 10 km all’ora. È impossibile garantire il buon funzionamento dell’economia con un divario così profondo.
IL CONFLITTO TRA ONDATE
Non c’è solo l’inerzia delle istituzioni, ma esiste anche una vivace opposizione politica a questo nuovo regime tutto velocità, flessibilità e diversità. Pensiamo agli studenti francesi, che sono scesi in piazza per manifestare contro il precariato che sarebbe introdotto dalla nuova legge sul primo impiego.
Ciò a cui assistiamo oggi nelle strade di Parigi è un “conflitto tra ondate”: il conflitto che deriva dal passaggio da una società di massa o di seconda ondata a una società della conoscenza o di terza ondata. È uno scontro tra i beneficiari del vecchio sistema e coloro che invece trarrebbero beneficio da quello nuovo.
Ma per l’Europa questo è solo il sintomo di un problema più ampio. Mentre il nuovo e rivoluzionario sistema di ricchezza è tutto fondato sul decentramento, le nicchie, la flessibilità e la devoluzione a un potere in rete e diffuso, i leader europei stanno cercando di costruire un megastato acquartierato nei grigi ministeri di Bruxelles.
Gli europei hanno delle istituzioni e delle società che si muovono molto lentamente, e ne vanno fieri. Questo va bene, ma ci sarà un prezzo da pagare. I grandi paesi – Francia, Germania e Italia – stanno vivendo una fase di relativo declino rispetto all’America e all’Asia che si muovono più rapidamente e sono proiettate verso il futuro, sospinte non solo dalla concorrenza a livello imprenditoriale, ma anche dalle attraenti nuove opportunità create dall’economia della conoscenza. I paesi piccoli, invece, ad esempio la Finlandia o l’Irlanda, sono in sintonia con la rivoluzione in atto.
Secondo la legge di Moore – che ha previsto e accelerato la rivoluzione della Silicon Valley – il numero di transistor inseribili in un chip è destinato a raddoppiare presso- ché ogni 12-18 mesi, almeno per i prossimi vent’anni. Questo enorme aumento di capacità consente di accelerare all’infinito le operazioni dei computer. Che cosa alimenta questa domanda di velocità che è alla base della rivoluzione informatica? Perché è meglio scegliere questa direzione invece di optare per la lentezza come ha fatto, per ci- tare un esempio specifico, il movimento dello “slow food” italiano?
Prima di tutto, la concorrenza. In secondo luogo, l’attrattiva rappresentata dalla possibilità di diversificare la propria vita. Più rapidi siamo nel fare le cose, più cose diverse riusciamo a fare. Nella società di massa, molti settori della vita sono ripetitivi. Questa “ricchezza rivoluzionaria” porta con sé la diversità e offre all’individuo una vasta gamma di potenzialità.
LO SCONTRO CON IL TEMPO DELLE RELIGIONI
Si direbbe che il principale “scontro di velocità” non avvenga soltanto tra l’Occidente – che si lancia in questo sistema di ricchezza e accelerazione – e quelli che vorrebbero tornare all’Islam del XII secolo, ma che si tratti di uno scontro con tutte le religioni. Tutte quante, infatti, predicano l’equilibrio, la pace, la pazienza, il distacco e la meditazione. “La fretta è opera del diavolo”, avverte il profeta Maometto.
Sì, è sicuramente in atto uno scontro con gli islamici nostalgici del XII secolo. Ma occorre ricordare che i precetti della maggior parte delle religioni sono stati stabiliti in epoche in cui la portata spaziale dell’esperienza umana era molto ridotta – media- mente la gente si allontanava al massimo di 30 km dal proprio villaggio nell’arco del- l’intera vita – e il ritmo dei cambiamenti sociali, economici e tecnologici era tanto lento da essere impercettibile.
Le religioni sostengono che il ritmo di vita da loro propugnato è quello giusto ed è immutabile nei secoli dei secoli. Ma chi dice che sia proprio quello giusto? L’umanità ha potuto aspirare a una vita più dignitosa e più lunga man mano che ha iniziato ad accelerare. La velocità della rivoluzione industriale ha comportato un enorme miglioramento delle condizioni di vita della maggior parte delle persone rispetto alla società contadina, o ancor prima, a quella “prerurale”.
Ma il punto essenziale da sottolineare qui è che il sistema di ricchezza fondato sulla conoscenza non imporrà un unico tempo omogeneo a tutti. Al contrario, si apriranno una serie di possibilità diversificate che consentiranno a ognuno di decidere e seguire il proprio ritmo. Alcuni avranno voglia di schizzare qua e là attorno al mondo o nello spazio cibernetico per accumulare denaro; altri avranno voglia di starsene sdraiati sulla spiaggia tutto il giorno o di trascorrere lunghe ore a tavola con la famiglia e gli amici. O magari avranno voglia di fare entrambe le cose in tempi diversi.
Uno slogan azzeccato di questa nuova era potrebbe proprio essere: “Ognuno al proprio ritmo”. Più di ogni altra cosa, infatti, la nuova civiltà che sta nascendo è la civiltà della scelta.
LA RICCHEZZA “IMPALPABILE” E UBIQUA
E i cambiamenti nello spazio e nelle relazioni spaziali, altro “fondamentale assoluto” di cui lei parla nel libro? Oggi le nuove sedi della ricchezza sono ovunque – globalizzazione, outsourcing et similia sono entrati a far parte del gergo comune – ma anche, come lei suggerisce, “da nessuna parte” e perfino nello spazio.
Il fatto che la diffusione della tecnologia, del capitale e delle specializzazioni professionali implichi che la ricchezza può essere creata ovunque sul pianeta è ormai un dato acquisito. Oggi i vantaggi comparati sono legati, nella maggior parte dei casi, più alle capacità umane che non alle risorse naturali o ai beni capitali. Negli USA, per esempio, lo Stato dell’Indiana in passato attirava le aziende reclamizzando i suoi giacimenti di calcare e l’assenza dei sindacati; ora pubblicizza le sue università e le sue attrattive culturali.
A ciò si deve aggiungere l’“impalpabile” spazio cibernetico. Naturalmente, eBay, Amazon.com e tutti gli altri hanno dei server situati in qualche parte dello spazio geo- grafico, ma fanno affari nella zona intangibile delle transazioni elettroniche. Kenichi Ohmae, esperto giapponese di management, chiama il cyber-spazio “il nuovo conti- nente”, dove gli imprenditori-esploratori stanno cercando – e facendo – fortuna. Sono ancora in pochi, tuttavia, a prendere in considerazione lo spazio – 24.000 km al di sopra del pianeta terra – come la nuova zona di creazione di ricchezza. Un’evoluzione in questo senso potrebbe rivelarsi la principale svolta di questa fase storica.
I satelliti GPS (Global Positioning System) sono oggi essenziali per sincronizzare con assoluta precisione il tempo e i flussi di dati per qualunque cosa, da una chiamata con un telefono cellulare a un prelievo Bancomat. Ci consentono di rintracciare con precisione pacchi e container lungo il loro percorso dalla fabbrica al mercato – elemento fondamentale per garantire la produttività e la puntualità ma anche la sicurezza. Presto i GPS diventeranno lo strumento cruciale che consentirà ai controllori del traffico aereo di gestire cieli sempre più congestionati dagli aerei che ci portano agli impegni di lavoro o nei luoghi di vacanza. I satelliti meteorologici possono incrementare la produttività dell’agricoltura e segnalare preventivamente le catastrofi naturali grazie alla maggiore precisione delle loro previsioni.
Col tempo, questi satelliti saranno a disposizione di tutti e diffonderanno la ricchezza. Algeria, Pakistan e Nigeria hanno già acquistato dei microsatelliti che pesano poco più di 40 kg, e quindi non hanno elevati costi di lancio.
LA FAMIGLIA IN TRASFORMAZIONE
In che modo tutto ciò influirà sulla nostra vita privata, e in particolare come cambierà la famiglia? Nel secolo scorso la famiglia ha già subito delle trasformazioni a una velocità senza precedenti nella storia. In epoca preindustriale, la maggior parte delle famiglie erano multigenerazionali e avevano molte responsabilità. Erano la scuola per i bambini e l’ospedale per gli anziani, ed erano anche il luogo di lavoro. Con l’avvento della rivoluzione industriale, la famiglia si è progressivamente ridimensionata e siamo arrivati alla famiglia nucleare monogenerazionale; i bambini vanno a scuola, i padri in fabbrica, i malati in ospedale e i nonni abitano altrove. Le antiche funzioni della famiglia sono state eliminate.
Oggi assistiamo non alla morte della famiglia ma alla diversificazione dei modelli familiari, in sintonia con la diversificazione del sistema della ricchezza. Stiamo andando verso l’accettazione delle unioni civili, se non del matrimonio, tra gay. Ci sono madri single. Coppie di fatto. Coppie sposate senza figli. Ci sono padri e madri che accumulano svariati matrimoni. La monogamia non sparirà, ma la poligamia sarà probabilmente sempre più accettata, e questo varrà, a eccezione di alcuni settori dell’Islam, per entrambi i sessi.
Inoltre, molte funzioni torneranno nell’ambito domestico. L’istruzione in casa sta già prendendo quota negli Stati Uniti. E la maggior parte dei bambini americani non ha imparato a usare il computer a scuola ma a casa. Sempre più spesso i genitori lavoreranno a casa, almeno in parte. Il fenomeno dei prosumi riporterà nelle case buona parte dell’assistenza sanitaria.
È ovvio che anche il lavoro subirà una trasformazione.
Sì, e non solo attraverso i prosumi. Potremmo assistere alla fine del posto di lavoro in quanto tale, che peraltro non è esistito sempre nella storia. Anzi, il rapporto regolarizzato tra il lavoratore e il datore di lavoro, solitamente basato sull’impegno a dedicare un certo numero di ore a svolgere un determinato compito in cambio di uno stipendio regolare, è un’invenzione storica recente. I nostri antenati non avevano un “posto di lavoro”. Gli schiavi o i domestici lavoravano perlopiù su base stagionale, non oraria.
Quello a cui stiamo tutti assistendo oggi è il passaggio da un rapporto di lavoro formalizzato ad accordi su base individuale. Si tratterà di “compiti” non fisici, o lavo- ri a progetto, per i quali un individuo o un gruppo verranno retribuiti. Sarà possibile formare un gruppo per realizzare un progetto, scioglierlo in seguito e formare un nuovo gruppo per un altro progetto.
Sarà possibile che tutta la famiglia lavori insieme, a casa, proprio come avveniva pri- ma della rivoluzione industriale. Come per la famiglia, anche la vita lavorativa sarà estremamente diversificata, in termini sia di compiti che di sede di lavoro.
LA CINA E LA STRATEGIA DEL DOPPIO BINARIO
Quasi tutte le teorie sul futuro della Cina si basano su una proiezione lineare della sua attuale crescita accelerata. Lei condivide questa visione? L’estrapolazione lineare è normalmente il metodo più sicuro per commettere errori. Questo vale a maggior ragione nel caso della Cina. È molto probabile che nell’arco dei prossimi vent’anni si verificheranno nel paese profondi sconvolgimenti sociali che rimetteranno in discussione tutte le proiezioni di oggi. È vero che il nuovo regime cinese, sotto il presidente Hu Jintao, ha colto il segnale d’allarme lanciato dalle 74.000 rivolte sociali scoppiate solo durante lo scorso anno, per citare solo quelle ufficialmente ammesse, e ha capito che i fenomeni della corruzione, delle disuguaglianze e dei problemi ambientali vanno affrontati quanto prima.
La leadership cinese, allo stesso tempo, capisce perfettamente che è necessario passare rapidamente a un sistema di “terza ondata” fondato sulla conoscenza, se si vuole che il paese vada avanti. In effetti, i cinesi hanno profondamente rivoluzionato le teorie sequenziali dello sviluppo cui eravamo abituati – prima l’agricoltura, poi l’industria, poi l’alta tecnologia. I cinesi si muovono verso uno sviluppo simultaneo della società industriale e di quella dell’informazione. È vero, stanno diventando la “fabbrica del mondo” grazie al lavoro a basso costo, ma non aspetteranno di diventare una società industriale prima di passare alla terza ondata.
Questa strategia del doppio binario ha già prodotto una delle infrastrutture di telecomunicazioni più avanzate del mondo. I cinesi hanno effettuato ingenti investimenti nel campo della ricerca e dello sviluppo, sfornando ogni anno centinaia di migliaia di ingegneri. In sintesi, i leader di Pechino sono assolutamente consapevoli del fatto che l’accelerazione costituisce di per sé uno strumento determinante per lo sviluppo. Per vincere, devono giocare d’anticipo. Anche l’India ha adottato questa strategia di sviluppo a doppio binario e sta tallonando la Cina.
Per finire, un tempo si parlava del Giappone con gli stessi toni entusiastici con cui ora parliamo della Cina. Cosa è successo? Il Giappone deve prendere alcune decisioni estremamente importanti. Il sistema di ricchezza rivoluzionario di cui abbiamo parlato non è soltanto un fenomeno tecnico o economico, ma anche sociale e culturale. Si tratta di un cambiamento di civiltà. Come ho detto all’inizio, la tecnologia è la parte più facile. La parte più difficile riguarda i cambiamenti che devono essere introdotti nelle istituzioni e nella struttura sociale, per garantire la sincronicità dell’intero sistema. È qui che il Giappone, noto per la sua rigidità sociale e culturale, è rimasto indietro, malgrado dominasse alla perfezione la tecnologia. Tutto – dal lavoro garantito a vita del dipendente, al ruolo subalterno delle donne – ha contribuito a rallentare il paese, mentre altri, e soprattutto la Cina, vanno avanti rapidamente.
La principale sfida per il Giappone consiste nel trovare il modo di allentare e superare le sue rigidità. Lo stanno facendo. Ma riusciranno a farlo in tempo?
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L’analisi in generale è molto convincente, anche se penso molto adatta ad un paese dinamico come gli Stati Uniti e poco adatto all’Italia.
L’analisi sulla famiglia attuale diversa da quella tradizionale è shoccante ma molto vera e la sto vivendo a pieno.
Infatti l’italia fa fatica con questo cambiamento a causa della rigiditá che caratterizza la societá e la cultura di questo bel paese molto ancorata nelle sue tradizioni, molto simile al Giappone e ad altri paesi di religione mussulmana per esempio. – tutte societá che fanno fatica a cambiare.
La cosa importante qui é comprendere che non si puó giudicare il nuovo sistema osservandolo attraverso la lente dei valori dell’industrialismo.
Il nuovo é u Sistema di natura dinamica il vecchio invece un sistema statico conservatore ancorato nel materialismo poiché prevalentemente sfrutta materie prime estratti dal pianeta per creare valore.
Il nuovo Sistema non ha bisogno di questo per creare Valore poiché usa una risorsa infinitamente disponibile e di natura non-materiale – la conoscenza.
Molto Interessante… Grazie della Tua ricerca Corrado che ci aiuta. Vorrei conferma sul concetto che “PROSUMI” significa PROduttori+conSUMI-atori che è un NEOLOGISMO che prende spunto da quello inventato da Toflerr -PEISMI- (sai cosa significa in inglese). In internet si parla di ATTIVITA’ PROSUMISTICA.
Scusa. uno dei sotto titoli dell’articolo si chiama 139 – cosa significa ?- grazie sii allegro